lunedì 22 giugno 2009

A Genova c'è ancora De André

foto_di_Radiosystempunkt

A Genova c’è De André. Ovunque, le sue storie. Sulle insegne delle focaccerie, sulle facce del porto, sulle frasi dei muri sporchi, sulle vie del centro. Una casbah infinita. L’odore di pesce si mischia a quello di piscio, e all’alcol delle bottiglie rotte. I negozi minuscoli dei vicoli scendono sulle bancarelle arabe, africane, cinesi, indiane. E la frittura di totani e calamari costa 3,50 euro all’etto. Fresca, bollente e ottima. Via Del Campo è piccola piccola, tanto stretta al punto che, t’immagini tutto. E le pelli sono più scure. Come se la rivoluzione industriale fosse agli albori, a sporcare i volti di carbone e mercati neri. Ma è il sole.

A Palazzo Ducale avevano prolungato la mostra dedicata De Andrè. E io e il mio amore ci siamo andati.
Più o meno 5 stanze allestite dallo Studio Azzurro.
Una, piena di lettere, foto, scritte e pagelle di Fabrizio bimbo. Anche la lettera, violenta, scritta al padre. Scritta durante il sequestro in Sardegna, suo e di Dori, bionda e bellissima. E poi, canzoni e immagini, che attraverso degli schermi trasparenti si schiantano a terra. Testimonianze importanti di un uomo importante. Della sua vita e del suo pensiero.
Nella seconda stanza ci sono delle diapositive da scegliere, che magicamente si trasformano in video/storie/interviste. Molto suggestivo e curioso. Contrariamente alla terza stanza “dei tarocchi”, di cui non vale la pena parlare…
Vale la pena invece raccontare della quarta, in cui, posizionando le copertine dei molti vinili di De André su un tavolo, si possono conoscere i personaggi, il periodo storico e le canzoni dell’album scelto. Divertente e innovativo.
L’ultima che ci rimane è una stanza con sedia e megaschermo, in cui proiettano un filmato di 4 ore e passa. Ma la saltiamo a piè pari senza rancori.

Sara era già arrivata a prenderci, ché a bere sambuca da sola si annoiava. E siamo andati dalla Marchesa ad assaggiare l’asinello. E al discount sotto i portici a comprare vino e salame. Cerca di convincerti: la sopraelevata horrida che benda la città è utile, almeno al traffico. E da lì sopra, in macchina, la vista è invidiabile.
Al porto, dopo la gabbiacquario e la galera-biosfera, assieme agli elefanti che ululano come madelaine di ferraglia e mare, mangiamo sulle zattere del molo, e torniamo a parlare di noi, a respirare lo iodio, a sbirciare negli yacht di chi muore di soldi, senza invidiarli poi troppo, stranamente.

E intanto il conflitto creativo di De André continua a espandersi dalle fondamenta di Genova, che con tutto il suo sole e il suo buio è più bella che mai. Ma anche ora che la mostra in suo onore è appena terminata, ci sono già voci di chi, scuotendo la testa, si domanda se Fabrizio oggi sarebbe contento, di questo. E secondo me, si. Lo sarebbe.
Ma della Erg, del business post mortem in suo nome, dei tarocchi via mail, della sopraelevata, dei Bravi, del Re, del suo Dio e delle sue puttane, secondo me, no.
Ma almeno ci scriverebbe una canzone…

1 commento:

  1. molto bello!!! e la citazione di quella sua maglietta fina, tanto stretta al punto che si indovinava tutto? ihihihih
    fix

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