sabato 23 ottobre 2010

Assieme biologico

Radiosystempunkt

c'è una zucca curata con la propoli
cicatrizzata dalla grandine
e un pane bruciato integrale ai semi di sesamo
dalla legna del forno

il panificio è lì in fondo
in centro vicino al portello
vicino alla tipa con gli occhi a spillo e il carrello
al semaforo rosso

uva scura
verza matura
7 mele 4 pere

ciclamini bianchi per te tra le mani
piantare i tulipani
domani

lunedì 18 ottobre 2010

Le cose inutili

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Le cose inutili.

Così ci possiamo addormentare
e far pagare 6 mesi dopo.

Nel frattempo aspettare,
fare da soli, farci prestare,
farci pressare, farci farciti. 

Come se poi ritornasse, si ritornasse così, 
così disse, si disse:
un timpano perforato, un portafogli rubato, 
un porro trovato, è tutto passato.

Cos'è cambiato?

Il futuro ieri se n'è già andato.

Al mare.

Andiamoci ad abbronzare.


lunedì 11 ottobre 2010

Bombe italiane

Bombe.
In guerra le bombe.
Bombe.
Mettiamoci le bombe sui caccia.
Bombe.
A caccia di bombe.
A caccia con le bombe.
Presi con le bombe.

Ché in missione di pace.
La voce tace.

Un'esplosione è molto più loquace.


Radiosystempunkt

domenica 26 settembre 2010

A Berlino

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A Berlino la storia è in piazza.

Ad Alexander Platz, con degli enormi pannelli e parole e foto e video impressionanti, ti raccontano (traducendo in molte lingue, così capiscono anche i turisti e gli immigrati) quanto merde sono stati i governanti DDR e gli agenti della Stasi a Berlino Est, prima dell'89. Quanti ne sono morti a tentare di oltrepassare il muro per arrivare a Berlino Ovest. E perché. E ti mostrano quanto la gente abbia, alla fine, prevalso sulla dittatura. Comunista. In piazza. La rivoluzione di persone che urlano "noi siamo il popolo". Che gli spetta il diritto di decidere. Che mandano a casa i loro padroni e carcerieri. Che si riprendono la vita. Con una forza e un coraggio, che a pensare che sono passati solo una ventina d'anni, ti viene il mal di pancia. 
A Berlino non hanno paura a dire di aver sbagliato. A Berlino, dicendolo, si può ricominciare. Si sente fortissima nell'aria questa forza. Questa libertà e consapevolezza e conoscenza. Che non nasconde il passato. Che lo assimila. Che lo accetta e lo fa conoscere. In strada. E che dopo il buio di nazismo e comunismo, vuole un'evoluzione.

Se non si chiude con il passato. Il futuro non può arrivare.
Se non si parla del passato apertamente, in piazza, non si scappa. Si torna.

Qualcuno dirà che di nazisti e comunisti la Germania è piena anche oggi, che durante il nazismo erano più ricchi, e che durante la DDR nessuno moriva chiedendo l'elemosina al capitalismo.
Si, certo.
Ma ora lì, la linea pubblica è un'altra. Perché la Stato sembra aver ben chiaro cosa non vuole più essere. E lo dice a tutti. Lo mostra senza paura. Anzi, facendoci pure dei soldi (tanti) con musei, eventi, luoghi della memoria, souvenir dai campi di concentramento, croci e svastiche, documenti di polizie segrete, pezzi di muro e filo spinato, foto shock, storie di burocrazia fredda e distaccata, storie di amore e amicizia impossibili, di odio e morte molto più facili. Storia. Condivisa. Che porta al futuro. 

Ora in Italia, il fascismo è ricordato come un momento storico vago e particolare, in cui un grande statista incompreso aveva un sogno che non si è potuto realizzare completamente (ma quel poco, che bel poco...) a causa di... blah blah blah...

Ora in Italia, non esiste la vergogna politica, non esiste l'ammissione degli errori, non esiste l'orgoglio antifascista, non esiste una memoria, non esiste il ricordo della gente. Sembra.
Nascondere è la parola d'ordine. I panni sporchi si lavano in casa propria. Non in piazza. Il passato è fatto solo di grandi imprese e grandi uomini. Non abbiamo mai sbagliato niente. E mai sbaglieremo. L'inquisizione per gli infedeli era giusta. Le leggi razziali non sono mai esistite. Erano solo per gli ebrei. Oggi invece, solo per i "clandestini". Niente paura. Da noi, solo yang. Non c'è yin.

A Berlino i ricordi degli orrori del nazismo e del comunismo, sono ovunque.
Spazi pubblici impiegati per la memoria di un popolo. Per ricordare anche gli sbagli e le cose brutte. E cercare di superarle insieme. 

In Italia, i ricordi degli orrori del fascismo e (per esempio) della Chiesa, quasi non esistono.

Il fascismo è tornato, perché non se n'è mai andato. E' stato nascosto. E ancora oggi viene nascosto.  Così come la mafia in politica. Le tangenti. Le società segrete. I conflitti di interesse. E tanto altro. Non devono esistere per poter esistere.

Se la storia venisse raccontata anche in strada, civilmente, senza paura e a carte scoperte, sarebbe chiaro a tutti il pensiero, il movimento e il percorso intrapreso da uno Stato, da un popolo e dalle persone che lo rappresentano, verso un futuro e un evoluzione.

Ora, in Italia qual'è?

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lunedì 26 luglio 2010

Sicuri di nulla

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Quei due. Senza contratti stabili di lavoro, certezze economiche o sostegni statali, si trasferiscono.
Piccola città, piccola via, piccola casa.
Poco in mano, cuore pieno.

Ora, si svegliano ogni mattina con un bacio che sorride alla stessa bocca. E mentre il dovere sul comodino chiama, è ancora inverno. 

Devono accendere il riscaldamento. Lo fanno a turno, più o meno una volta a testa. Ché l’obbiettivo è di quelli importanti. Arrivare in pigiama fino alla caldaia della cucina non è semplice. Anche se sono pochi metri, fa freddo, manca l’equilibrio, e non si vede niente.

Fatto.

Di corsa sotto le coperte. Qualche minuto ancora. A farsi abbracciare e riscaldare dall’amore rimasto al caldo. Dai complimenti per l’ardire e il coraggio. A raccontare il viaggio.

Fino a che, si alzano dal letto, davvero. Per fare le cose da giorno. E chi dei due non ha partecipato all’impresa, prepara la colazione. Cioccolata, biscotti, tè, caffè. Yogurt e muesli, frutta a volte.

Sembra quasi, che così sia più facile.

Quei due. Innamorati in una casa in affitto. Per vivere assieme, sicuri di nulla.
Già da subito. 

Immaginate d’estate…


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domenica 9 maggio 2010

Devi avere paura

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Sei dentro.
Ora. Devi avere paura. Di me.
Con questa divisa. Calcola che ti posso ammazzare subito. Ogni minuto che passa dovresti ringraziarmi. Grazie signore grazie. Un pugno allo zigomo sinistro. Grazie signore grazie.
Quanto credi ci possa mettere a dire a tutti che sei solo un altro aggressivo drogato di merda, o un alcolizzato violento e frocio? Stuprarti in culo. E andare a bermi un caffè da schifo alla macchinetta qui fuori. Gustarlo pure. Zuccherato. Prenderne un altro, lungo. Tornare da te e rovesciartelo in faccia. O magari in gola. Bollente. Così fai anche la figura del coglione impaziente. Che schifo.
Tu forse pensi di avere dei diritti. Che ti proteggono. Ché c’è scritto, da qualche parte, nella costituzione, o in qualche legge. Ché mica siamo in Cina. Che il tuo corpo è tuo. Ma, a parte che è vero che non siamo in Cina, il resto sono stronzate. Qui la tortura non esiste. Non è un reato.
Non dimenarti. È come pretendere che un branco carnivoro all’improvviso smetta di mangiare carne. Per compassione. Può essere succeda. Ma è piuttosto difficile. Mangiare animali è considerata prassi, non una pratica crudele e violenta. E in ogni caso, ho diritto a usarla, la violenza, se necessario. Tu no.
Puoi fare tutte le richieste che vuoi, urlare fino a farti scoppiare le corde vocali, implorare pietà, pregare il tuo dio, se ne hai uno. Ma qui, il tuo Dio sono io. Non ti conviene bestemmiare. Ringrazia. Grazie signore grazie.
Se sopravvivi, da qui a pochi minuti potresti non riuscire più a parlare. La mascella se si rompe. Nella lingua scorre molto sangue. Non parlare. Non denunciare. Non puoi. Come fai?
Smettila di avere fede in un lieto fine, di fare il gradasso, di sentirti al sicuro. Solo perché fai parte del mio stesso Stato. Solo perché ti credi un cittadino onesto. Bianco candido. Non ne hai motivo. Non me ne frega un cazzo se paghi o no le tasse. Se la tua ragazza ti sta aspettando a casa. Se tua madre è tanto malata. Non mi riguarda.
Ti abbiamo preso. Ora. Sei nulla.
E devi avere paura.
È un ordine.

-       Buonasera Sig. ********, prego, si sieda. Faremo in fretta. È solo un interrogatorio di routine, da pochi minuti. Così potrà chiarire meglio la sua posizione. Non si preoccupi. Un caffé?


mercoledì 10 marzo 2010

Piccole cose a cui non credere

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Il primo marzo 2010, a Padova, siamo davanti alla prefettura, al sit-in per lo sciopero dei migranti. Anche per cercare di non essere troppo ciechi, sordi e muti. Perché poi, pure se a molti non sembra o fa comodo non ricordarlo, più migranti di noi, si muore.
Come dopo essere respinti alla frontiera (?), in alto mare, o essere rispediti in patria (?), grazie alle ronde della brava gente e al lavoro delle forze dell'ordine, impegnate a scovare i clandestini e punire il loro crimine (che è il loro essere).


In strada, non sono molti i presenti, ma nemmeno pochi. E per fortuna, aumentano durante il pomeriggio. Persone e colori. Insieme, in pace. Mescolati e fieri. In cammino.
Bello molto*.


*[A parte quando, da quel che ho capito, a qualcuno viene voglia di correre fuori dal percorso concordato, portandosi dietro anche il corteo pro-migranti, verso i leghisty anti-migranti, per riuscire a "parlare" con loro (riuniti qualche km più in là, a discutere di erezioni, immigrazione e sicurezza). Lodevole. Con un alto valore simbolico e non violento. E chi voleva, poteva andarci. Ma senza unire le due cose. Tra l'altro, molti non avevano neppure capito la deviazione in atto... Non serviva, in itinere, cambiare percorso al corteo, né sfruttarne la forza e la bellezza per altri fini. Perché approfittandone, lo si è indebolito. Sia all'interno, che all'esterno. E a parte la sfiducia e il malumore di qualche partecipante, sui giornali del giorno dopo, la manifestazione del primo marzo si è ridotta ai soli 5 minuti di "scontri", e "tensioni". Inutili. Tutto il resto, molto più importante, è praticamente scomparso. Comunque, meglio di niente, penserà qualcuno. E forse, avrà ragione.]


Ma intanto, è ancora mattina. Facciamo due passi verso le piazze. Videocamere.
Attorno al Bo c'è la polizia. Per l'inaugurazione dell'Anno Accademico.  In sicurezza. 
C'è anche un mini corteo che dal sit-in si forma per protestare contro le presunte, ma fin troppo credibili, liste nere dei lavoratori (migranti o no, non importa, siamo noi) che reclamano più diritti sul lavoro. O hanno osato farlo. E ora hanno una croce su. Anche per le agenzie di lavoro temporaneo.


All'altezza di via Roma, passa una coppia in abiti scuri. Uno alto e grosso. Capello corto. L'altro, o l'altra, la metà. Ha un cappuccio. Entrambi caricature. Jeans stretti. Anfibi militari. Bomber scuri con simboli vari, tra cui, l'italica bandiera.
Il più grosso urla da lontano verso le persone migranti al sit-in: "Ritornate al vostro paese! Andate via!".


E' così che mi accorgo di loro. Rimango basito in F4.


Pochi secondi dopo, un generale dei carabinieri (credo), o qualcuno di alto in grado, o qualcuno di basso con un cappotto nero fino ai piedi e un berretto con il frontino lucido, ma che non balla YMCA, saluta i due bomber. Stringe la mano al più grosso. Si dicono qualcosa. Chissà cosa. Qualcosa di divertente, forse. Perché sono subito gran sorrisi, ri-saluti e ri-strette di mano.


Ecco. Questa è una tra le piccole cose, poco importanti, a cui si può anche non credere. Tanto, in Italia succedono comunque.


Le rare volte che se ne ha l'occasione, quasi fa piacere scoprirle da soli, queste cose.
Ma più che altro, fa girare i coglioni.

...
Qualche giorno dopo, sui Colli Euganei, capita di incontrare due signori, distinti e leggermete ubriachi, 87 e 85 anni. Che nell'ebbrezza del dopo pranzo ci augurano di stare bene e di poter avere anche noi, un giorno, la loro pensione. Di guerra. E ci raccontano delle rocambolesche fughe partigiane dai tedeschi, dei bombardamenti che ti mancano di 20 metri, lasciandoti in vita, per caso. Dice uno. Dei fascisti stupidi, del re scemo di savoia, dell'8 settembre, dei rastrellamenti, di Hitler, che l'ha visto da vicino. Così da vicino che se fossero esistiti i cellulari di adesso, gli avrebbe potuto fare una foto. Sembrava un tubercolotico. Dice l'altro.
Ma entrambi sono sicuri di una cosa. Che ora per noi sono tempi difficili, e in parlamento, ci sono gli eredi dei repubblichini di Salò. Che dobbiamo fare attenzione. Impegnarci. E avere coraggio.

Anche queste, potrebbero essere altre piccole cose a cui non credere...

Ma due persone, che hanno fatto la Seconda Guerra Mondiale e vissuto cose inimmaginabili, e sono ancora vive, si sono seriamente preoccupate per noi, oggi...

Fate voi...

Anzi, facciamo assieme.
Ché da soli, qui, non andiamo da nessuna parte.