domenica 26 settembre 2010

A Berlino

Radiosystempunkt

A Berlino la storia è in piazza.

Ad Alexander Platz, con degli enormi pannelli e parole e foto e video impressionanti, ti raccontano (traducendo in molte lingue, così capiscono anche i turisti e gli immigrati) quanto merde sono stati i governanti DDR e gli agenti della Stasi a Berlino Est, prima dell'89. Quanti ne sono morti a tentare di oltrepassare il muro per arrivare a Berlino Ovest. E perché. E ti mostrano quanto la gente abbia, alla fine, prevalso sulla dittatura. Comunista. In piazza. La rivoluzione di persone che urlano "noi siamo il popolo". Che gli spetta il diritto di decidere. Che mandano a casa i loro padroni e carcerieri. Che si riprendono la vita. Con una forza e un coraggio, che a pensare che sono passati solo una ventina d'anni, ti viene il mal di pancia. 
A Berlino non hanno paura a dire di aver sbagliato. A Berlino, dicendolo, si può ricominciare. Si sente fortissima nell'aria questa forza. Questa libertà e consapevolezza e conoscenza. Che non nasconde il passato. Che lo assimila. Che lo accetta e lo fa conoscere. In strada. E che dopo il buio di nazismo e comunismo, vuole un'evoluzione.

Se non si chiude con il passato. Il futuro non può arrivare.
Se non si parla del passato apertamente, in piazza, non si scappa. Si torna.

Qualcuno dirà che di nazisti e comunisti la Germania è piena anche oggi, che durante il nazismo erano più ricchi, e che durante la DDR nessuno moriva chiedendo l'elemosina al capitalismo.
Si, certo.
Ma ora lì, la linea pubblica è un'altra. Perché la Stato sembra aver ben chiaro cosa non vuole più essere. E lo dice a tutti. Lo mostra senza paura. Anzi, facendoci pure dei soldi (tanti) con musei, eventi, luoghi della memoria, souvenir dai campi di concentramento, croci e svastiche, documenti di polizie segrete, pezzi di muro e filo spinato, foto shock, storie di burocrazia fredda e distaccata, storie di amore e amicizia impossibili, di odio e morte molto più facili. Storia. Condivisa. Che porta al futuro. 

Ora in Italia, il fascismo è ricordato come un momento storico vago e particolare, in cui un grande statista incompreso aveva un sogno che non si è potuto realizzare completamente (ma quel poco, che bel poco...) a causa di... blah blah blah...

Ora in Italia, non esiste la vergogna politica, non esiste l'ammissione degli errori, non esiste l'orgoglio antifascista, non esiste una memoria, non esiste il ricordo della gente. Sembra.
Nascondere è la parola d'ordine. I panni sporchi si lavano in casa propria. Non in piazza. Il passato è fatto solo di grandi imprese e grandi uomini. Non abbiamo mai sbagliato niente. E mai sbaglieremo. L'inquisizione per gli infedeli era giusta. Le leggi razziali non sono mai esistite. Erano solo per gli ebrei. Oggi invece, solo per i "clandestini". Niente paura. Da noi, solo yang. Non c'è yin.

A Berlino i ricordi degli orrori del nazismo e del comunismo, sono ovunque.
Spazi pubblici impiegati per la memoria di un popolo. Per ricordare anche gli sbagli e le cose brutte. E cercare di superarle insieme. 

In Italia, i ricordi degli orrori del fascismo e (per esempio) della Chiesa, quasi non esistono.

Il fascismo è tornato, perché non se n'è mai andato. E' stato nascosto. E ancora oggi viene nascosto.  Così come la mafia in politica. Le tangenti. Le società segrete. I conflitti di interesse. E tanto altro. Non devono esistere per poter esistere.

Se la storia venisse raccontata anche in strada, civilmente, senza paura e a carte scoperte, sarebbe chiaro a tutti il pensiero, il movimento e il percorso intrapreso da uno Stato, da un popolo e dalle persone che lo rappresentano, verso un futuro e un evoluzione.

Ora, in Italia qual'è?

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