mercoledì 10 marzo 2010

Piccole cose a cui non credere

Radiosystempunkt

Il primo marzo 2010, a Padova, siamo davanti alla prefettura, al sit-in per lo sciopero dei migranti. Anche per cercare di non essere troppo ciechi, sordi e muti. Perché poi, pure se a molti non sembra o fa comodo non ricordarlo, più migranti di noi, si muore.
Come dopo essere respinti alla frontiera (?), in alto mare, o essere rispediti in patria (?), grazie alle ronde della brava gente e al lavoro delle forze dell'ordine, impegnate a scovare i clandestini e punire il loro crimine (che è il loro essere).


In strada, non sono molti i presenti, ma nemmeno pochi. E per fortuna, aumentano durante il pomeriggio. Persone e colori. Insieme, in pace. Mescolati e fieri. In cammino.
Bello molto*.


*[A parte quando, da quel che ho capito, a qualcuno viene voglia di correre fuori dal percorso concordato, portandosi dietro anche il corteo pro-migranti, verso i leghisty anti-migranti, per riuscire a "parlare" con loro (riuniti qualche km più in là, a discutere di erezioni, immigrazione e sicurezza). Lodevole. Con un alto valore simbolico e non violento. E chi voleva, poteva andarci. Ma senza unire le due cose. Tra l'altro, molti non avevano neppure capito la deviazione in atto... Non serviva, in itinere, cambiare percorso al corteo, né sfruttarne la forza e la bellezza per altri fini. Perché approfittandone, lo si è indebolito. Sia all'interno, che all'esterno. E a parte la sfiducia e il malumore di qualche partecipante, sui giornali del giorno dopo, la manifestazione del primo marzo si è ridotta ai soli 5 minuti di "scontri", e "tensioni". Inutili. Tutto il resto, molto più importante, è praticamente scomparso. Comunque, meglio di niente, penserà qualcuno. E forse, avrà ragione.]


Ma intanto, è ancora mattina. Facciamo due passi verso le piazze. Videocamere.
Attorno al Bo c'è la polizia. Per l'inaugurazione dell'Anno Accademico.  In sicurezza. 
C'è anche un mini corteo che dal sit-in si forma per protestare contro le presunte, ma fin troppo credibili, liste nere dei lavoratori (migranti o no, non importa, siamo noi) che reclamano più diritti sul lavoro. O hanno osato farlo. E ora hanno una croce su. Anche per le agenzie di lavoro temporaneo.


All'altezza di via Roma, passa una coppia in abiti scuri. Uno alto e grosso. Capello corto. L'altro, o l'altra, la metà. Ha un cappuccio. Entrambi caricature. Jeans stretti. Anfibi militari. Bomber scuri con simboli vari, tra cui, l'italica bandiera.
Il più grosso urla da lontano verso le persone migranti al sit-in: "Ritornate al vostro paese! Andate via!".


E' così che mi accorgo di loro. Rimango basito in F4.


Pochi secondi dopo, un generale dei carabinieri (credo), o qualcuno di alto in grado, o qualcuno di basso con un cappotto nero fino ai piedi e un berretto con il frontino lucido, ma che non balla YMCA, saluta i due bomber. Stringe la mano al più grosso. Si dicono qualcosa. Chissà cosa. Qualcosa di divertente, forse. Perché sono subito gran sorrisi, ri-saluti e ri-strette di mano.


Ecco. Questa è una tra le piccole cose, poco importanti, a cui si può anche non credere. Tanto, in Italia succedono comunque.


Le rare volte che se ne ha l'occasione, quasi fa piacere scoprirle da soli, queste cose.
Ma più che altro, fa girare i coglioni.

...
Qualche giorno dopo, sui Colli Euganei, capita di incontrare due signori, distinti e leggermete ubriachi, 87 e 85 anni. Che nell'ebbrezza del dopo pranzo ci augurano di stare bene e di poter avere anche noi, un giorno, la loro pensione. Di guerra. E ci raccontano delle rocambolesche fughe partigiane dai tedeschi, dei bombardamenti che ti mancano di 20 metri, lasciandoti in vita, per caso. Dice uno. Dei fascisti stupidi, del re scemo di savoia, dell'8 settembre, dei rastrellamenti, di Hitler, che l'ha visto da vicino. Così da vicino che se fossero esistiti i cellulari di adesso, gli avrebbe potuto fare una foto. Sembrava un tubercolotico. Dice l'altro.
Ma entrambi sono sicuri di una cosa. Che ora per noi sono tempi difficili, e in parlamento, ci sono gli eredi dei repubblichini di Salò. Che dobbiamo fare attenzione. Impegnarci. E avere coraggio.

Anche queste, potrebbero essere altre piccole cose a cui non credere...

Ma due persone, che hanno fatto la Seconda Guerra Mondiale e vissuto cose inimmaginabili, e sono ancora vive, si sono seriamente preoccupate per noi, oggi...

Fate voi...

Anzi, facciamo assieme.
Ché da soli, qui, non andiamo da nessuna parte.