domenica 9 maggio 2010

Devi avere paura

Radiosystempunkt



Sei dentro.
Ora. Devi avere paura. Di me.
Con questa divisa. Calcola che ti posso ammazzare subito. Ogni minuto che passa dovresti ringraziarmi. Grazie signore grazie. Un pugno allo zigomo sinistro. Grazie signore grazie.
Quanto credi ci possa mettere a dire a tutti che sei solo un altro aggressivo drogato di merda, o un alcolizzato violento e frocio? Stuprarti in culo. E andare a bermi un caffè da schifo alla macchinetta qui fuori. Gustarlo pure. Zuccherato. Prenderne un altro, lungo. Tornare da te e rovesciartelo in faccia. O magari in gola. Bollente. Così fai anche la figura del coglione impaziente. Che schifo.
Tu forse pensi di avere dei diritti. Che ti proteggono. Ché c’è scritto, da qualche parte, nella costituzione, o in qualche legge. Ché mica siamo in Cina. Che il tuo corpo è tuo. Ma, a parte che è vero che non siamo in Cina, il resto sono stronzate. Qui la tortura non esiste. Non è un reato.
Non dimenarti. È come pretendere che un branco carnivoro all’improvviso smetta di mangiare carne. Per compassione. Può essere succeda. Ma è piuttosto difficile. Mangiare animali è considerata prassi, non una pratica crudele e violenta. E in ogni caso, ho diritto a usarla, la violenza, se necessario. Tu no.
Puoi fare tutte le richieste che vuoi, urlare fino a farti scoppiare le corde vocali, implorare pietà, pregare il tuo dio, se ne hai uno. Ma qui, il tuo Dio sono io. Non ti conviene bestemmiare. Ringrazia. Grazie signore grazie.
Se sopravvivi, da qui a pochi minuti potresti non riuscire più a parlare. La mascella se si rompe. Nella lingua scorre molto sangue. Non parlare. Non denunciare. Non puoi. Come fai?
Smettila di avere fede in un lieto fine, di fare il gradasso, di sentirti al sicuro. Solo perché fai parte del mio stesso Stato. Solo perché ti credi un cittadino onesto. Bianco candido. Non ne hai motivo. Non me ne frega un cazzo se paghi o no le tasse. Se la tua ragazza ti sta aspettando a casa. Se tua madre è tanto malata. Non mi riguarda.
Ti abbiamo preso. Ora. Sei nulla.
E devi avere paura.
È un ordine.

-       Buonasera Sig. ********, prego, si sieda. Faremo in fretta. È solo un interrogatorio di routine, da pochi minuti. Così potrà chiarire meglio la sua posizione. Non si preoccupi. Un caffé?


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